martedì 12 febbraio 2008

COSA SONO LE PRIMARIE APERTE?

Costituiscono un meccanismo elettorale che serve a far conoscere, scegliere ed eleggere buoni amministratori partendo dal basso ovvero dalle persone comuni.

Le primarie consentono ai candidati di farsi conoscere dai cittadini i quali potrebbero, proprio grazie alle primarie, scegliere e valutare i propri rappresentanti. I candidati così non sarebbero scelti e conosciuti soltanto all’interno dei partiti politici.

Le primarie rappresentano dunque un nuovo rapporto di responsabilità civile e partecipazione politica, basati su di un metodo semplice, trasparente, democratico che garantisce una sana competizione elettorale, tra persone, proposte ed idee.

1 commento:

  1. QUANDO LE URNE DECIDONO DAVVERO

    Da circa dieci anni si discute, nei partiti, dell’opportunità o meno di adottare, per la scelta dei candidati, il metodo delle primarie già in vigore, sia pure in forme diverse, in America come in Inghilterra e in Germania. Se ne è discusso ripetutamente in sede politica ed accademica, in convegni con leader di partito e politologi, mettendo in luce di volta in volta i possibili vantaggi del sistema e i suoi altrettanto possibili inconvenienti. Si ricordi un’organica proposta di legge che venne avanzata nel corso della XIII legislatura dai parlamentari diessini Claudia Mancina e Antonio Soda. Proposta presentata ma presto dimenticata, per la più o meno manifesta ostilità del gruppo dirigente.
    La selezione dei candidati, insomma, è sempre rimasta saldamente nelle mani delle segreterie dei partiti, in un processo di crescente centralizzazione con il passaggio dal sistema proporzionale a quello maggioritario. Questo finché qualche anno fa il centrosinistra , inciampato nel contrasto insuperabile tra due diverse candidature per l’elezione del presidente della Regione Puglia, non ha deciso di ricorrere, finalmente, alla via d’uscita delle primarie. O Nichi Vendola o Francesco Boccia. Era scontato che vincesse Francesco Boccia, giovane e brillante economista della Margherita sostenuto da tutto il centrosinistra. E invece, contro ogni previsione, da una competizione alla quale hanno partecipato oltre 80.000 elettori, è uscito vincente Nichi Vendola, il candidato di Rifondazione. Questo ha dimostrato che le primarie pugliesi, il loro svolgimento e il loro risultato, sono piombati come un imprevisto elettroshock.
    Imprevisto e tuttavia benefico, se i gruppi dirigenti di tutti i partiti politici sapranno coglierne il significato. Nel voto espresso dagli elettori pugliesi, che hanno atteso pazientemente per ore il loro turno per esprimere la propria scelta, è possibile leggere in primo luogo una gran voglia di partecipazione, una richiesta affannata di democrazia e insieme una protesta contro gruppi dirigenti che si arrogano il diritto di assumere le proprie decisioni facendole calare dall’alto quasi fossero cosa privata. Da tempo, del resto, chi avesse avuto orecchio per ascoltare avrebbe dovuto rendersi conto di questo diffuso disagio nei confronti di una politica sempre meno leggibile, sempre meno limpida e sempre più lontana dalla sensibilità e dalle richieste di quella che una volta si chiamava “la base”. Una base che non può non sentirsi a disagio di fronte alle continue e spesso incomprensibili polemiche tra i vari leader dei partiti. Polemiche alle quali seguono puntualmente smentite e rettifiche, altrettanto incomprensibili. Non occorre un orecchio particolarmente fine per percepire l’irritazione, la delusione, l’insofferenza che va crescendo tra gli elettori italiani, una delusione e un’insofferenza che possono anche tradursi in un rifiuto secco della politica e alla fine in astensionismo.
    Le primarie in Puglia, l’alta partecipazione al voto, dicono tuttavia che quel processo, contrassegnato dalla sequenza “delusione-insofferenza-rifiuto della politica”, non è scontato. La voglia di partecipare e di decidere è ancora molto forte tra gli elettori. Ma va pure spiegata la sconfitta di Francesco Boccia, sebbene considerato il più forte nella competizione e sostenuto da tutti i partiti del centrosinistra. La sua sconfitta deve essere correttamente letta non come un giudizio sulla sua persona e le sue capacità, ma piuttosto come la manifestazione di un’insofferenza nei confronti di quei vertici romani, di quelle oligarchie che lo avevano indicato e pretendevano di imporlo come il candidato migliore. Il voto pugliese accentua il problema degli equilibri politici dei partiti.
    Le primarie sono uno strumento delicato. Da maneggiare con cura o per ottenere una ratifica, più o meno larga, delle scelte assunte dai vertici di un partito politico o per promuovere un processo di selezione democratica delle candidature. In ambedue i casi è lo strumento principale di cui i partiti politici potrebbero disporre per rinnovare e rafforzare il rapporto con la loro base e gli elettori tutti. Dopo tanti anni di dibattiti, i partiti politici, sia a livello comunale, provinciale, regionale e soprattutto a livello nazionale dovrebbero assumerle coraggiosamente come vero e forte elemento di novità.
    Ormai per questa tornata elettorale sappiamo come è andata, ma per le future elezioni comunali tutte, regionali o provinciali che siano ben vengano dunque le primarie aperte, che consentiranno nei singoli collegi una verifica dell’operato dei parlamentari, e dei sindaci, e dei governatori regionali e dei consiglieri a tutti i livelli, e l’individuazione dei migliori candidati per le future elezioni locali e per le future legislazioni nazionali.

    Pietro Giovanni Spadafora

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